Intervento di chiusura dell’auricola sinistra per prevenire l’ictus ischemico
La fibrillazione atriale (FA) è la più comune aritmia cardiaca; i pazienti affetti da FA hanno un aumentato rischio di eventi trombo-embolici e necessitano pertanto di una adeguata terapia anticoagulante, la cui finalità è la prevenzione della formazione di nuovi trombi in quella piccola porzione dell’atrio sinistro che si chiama auricola. La terapia anticoagulante riduce pertanto drasticamente il rischio di emboli periferici, la cui manifestazione più drammatica è rappresentata dall’ictus cerebri. Nei pazienti con controindicazione assoluta o relativa alla terapia anticoagulante nei centri presso cui si esegue questo intervento viene presa in considerazione la chiusura dell’auricola sinistra, intervento effettuato dal 2018 presso la Clinica San Carlo mediante tecnica miniinvasiva, in accesso venoso femorale. Purtroppo però le cose si complicano quando viene riscontrata già una trombosi in auricola, che potrebbe determinare un aumentato rischio di embolizzazione durante il posizionamento del dispositivo.
Descriviamo il caso clinico di una paziente di 73 anni ipertesa, dislipidemica, con FA parossistica, sottoposta nel mese di Luglio 2019 presso l’Emodinamica della Clinica San Carlo a chiusura percutanea dell’auricola ad opera del team coordinato dal Dott. Bernardo Cortese.
La paziente era in terapia cronica con anticoagulanti, eppure nel Luglio 2018 ha avuto un ictus trombo-embolico con infarto emisferico destro nonostante terapia anti-coagulante con warfarin (INR 3.7), per cui era stata sottoposta a trombectomia meccanica.
Nel Luglio 2019 la paziente è stata ricoverata presso la Clinica e dopo alcuni giorni di terapia anticoagulante per via parenterale si è programmato intervento di chiusura dell’auricola sinistra.
L’ecocardiogramma transesofageo eseguito in sala di emodinamica subito prima dell’intervento mostrava purtroppo un grosso trombo dell’auricola sinistra, in aggiunta ad un “effetto smoke” in atrio sinistro, che sta ad indicare un alto rischio di formazione di ulteriori trombi (Figura 1).
Il cerchio individua l’auricola sinistra, e la freccia il trombo.
Persistendo l’indicazione alla procedura da effettuarsi in tempi brevi, dal momento che la paziente rimaneva ad altissimo rischio di embolie ed ictus, si decideva di procedere ad impianto del dispositivo previo posizionamento di sistema di protezione cerebrale Sentinel (Boston Scientific, USA). La procedura di posizionamento di questo ulteriore dispositivo, resa più complessa per l’occlusione della arteria radiale destra, veniva effettuato per via omerale destra, incannulata non senza difficoltà e con tecnica eco-guidata. Difficoltà ulteriore è stata determinata dalla presenza di tortuosità e ostruzioni lungo tutto il decorso dell’arteria fino allo sbocco in aorta ascendente (Figura 2).
Tortuosità e spasmo dell’arteria omerale destra.
Sotto monitoraggio ecocardiografico sia trans-esofageo (ETE) che intra-cardiaco (ICE) con Acuson Acunav (Johnson&Johnson, USA) si procedeva quindi alla puntura trans-settale, che permette di raggiungere l’atrio sinistro dal cuore destro (Figura 3).
Passaggio da atrio destro a sinistro mediante puntura trans-settale sotto guida ETE ed ICE.
Si posizionava infine dispositivo per chiusura di auricola sinistra Amulet 34 mm (Abbott, USA); il controllo post-impianto mostrava ottimo sealing (chiusura) dell’auricola in assenza di jet da rigurgito o leaks (Figure 4 e 5).
Dispositivo in sede al controllo ETE.
Valutazione finale e dispositivo in sede al controllo angiografico.
Ultimo step della procedura, particolarmente delicato, consisteva nella rimozione del filtro a protezione cerebrale, con riscontro di materiale trombotico che altrimenti sarebbe embolizzato nelle arterie carotidi con probabile esito di ictus ischemico (Figura 6).
Filtro con materiale trombotico originato presumibilmente dall’atrio sinistro.
La paziente è stata dimessa 3 giorni dopo, asintomatica ed in ottimo emodinamico, senza reliquati.
In sala per la procedura erano presenti il Dott. Cortese come primo operatore, il Dott. Di Palma come secondo, il Dott. Piantanida, anestesista, il tecnico di radiologia Stefano Sforzin, e gli infermieri specializzati Lunardi e Olgiati. Nonostante le molteplici complessità che il caso ha presentato, la procedura è stata resa possibile anche grazie alla pronta disponibilità degli specialist delle aziende coinvolte (Abbot, Johsnon&Johnson e Boston) che in brevissimo tempo hanno reperito i dispositivi indispensabili alla riuscita dell’intervento.
Bernardo Cortese